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Qualche dato tratto dalla Relazione al Parlamento 2022 e studi ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs) su consumi,trend,incidenze,percezioni relativamente alla cannabis

Partendo dal concetto di cannabis a scopo terapeutico, si è passati alla minimizzazione di questa, anzi addirittura al pubblicizzare questa come una sostanza benefica.
Il Referendum in merito alla legalizzazione della stessa e delle droghe cosiddette “leggere”, sembra sia stato solo una mera autorizzazione al poter assumere e coltivare una sostanza, depenalizzare quanto sia correlato a questa, ma si può dire che sin dal 2006 i medici possono prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze attive a base di cannabis per uso medico.
Come già previsto dal Testo Unico sulle droghe n. 309/1990 , la sostanza può esser coltivata dietro autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc. Inoltre, dal 2007 è possibile importare Sativex, Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica mentre, in virtù di un accordo firmato tra i Ministeri di Salute e Difesa del settembre 2014, le infiorescenze per le preparazioni galeniche possono essere prodotte anche dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La
produzione è stata avviata nel 2016 e si tratta del prodotto Cannabis FM-2(contenente THC 5% –8% e CBD 7,5% – 12%).
Sin dalla data suddetta, la cannabis terapeutica può essere prescritta, con i costi di approvvigionamento a carico del paziente, da un qualsiasi medico per qualsiasi patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata. Inoltre, per quanto riguarda la rimborsabilità dei
farmaci a base di cannabinoidi, la prescrizione di cannabis (DM 9/11/2015) è limitata al suo impegno nel “dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o
affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette”.
E’ stato ampiamente sottolineato dal CNDD – Centro Nazionale Dipendenze e Doping (CNDD) dell’Istituto Superiore di Sanità, che l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili.
Il 28 e 29 ottobre 2021 si è svolta presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze una riunione preparatoria alla VI Conferenza Nazionale delle Dipendenze (Genova 27-28 Novembre 2021) riguardante i “Prodotti di origine vegetale a base di cannabis a uso medico”. Nel corso della riunione, tra le evidenze sono emerse l’insufficiente produzione nazionale di cannabis
ad uso medico, che non soddisfa la crescente domanda, nonché una difficoltà interpretativa della normativa vigente e una difformità a livello regionale nell’applicazione delle disposizioni ministeriali in materia, anche relativamente ad aspetti quali la conduzione dei veicoli e le mansioni lavorative a rischio.

Durante l’incontro si è rilevata anche la scarsità di studi clinici a disposizione su
efficacia e sicurezza dell’utilizzo della cannabis ad uso medico e l’importanza di una raccolta sistematica di tutti i dati per un corretto monitoraggio.

Infine, ma non di minore importanza, la mancata attenzione ad altri farmaci painkiller, che hanno un alto potenziale additivo e che hanno causato in altri Paesi, ad esempio gli Stati Uniti, notevoli problemi di salute pubblica.

È quindi importante, ai fini di un corretto utilizzo della cannabis ad uso medico, che gli interventi futuri mirino alla risoluzione delle criticità sopra evidenziate, aumentando gli studi clinici e le formulazioni di politiche efficaci, aggiornando costantemente la normativa in materia, riducendo il più possibile la variabilità regionale per quanto riguarda sia i provvedimenti legislativi che la
raccolta dei dati su fabbisogno, efficacia e sicurezza, ma anche aumentando l’informazione e la formazione del personale sanitario sulla tematica relativa all’ uso e ai rischi connessi attraverso corsi di formazione specifici anche a livello universitario. Nel corso degli anni i consumi totali di
cannabis a uso medico nel nostro Paese hanno subito un notevole incremento.

Si è passati infatti da kg 58,6 di sostanze attive di origine vegetale a base di cannabis venduti alle farmacie nel 2014 a kg 1271,5 venduti nel 2021.
Inoltre, si è potuto evincere come, alcune persone intervistate ed affette da alcune patologie, riferiscano di essere state condannate per la coltivazione domestica e possesso di cannabis, ma si ricorda che coltivare piante di cannabis con THC superiore allo 0,6% è un reato, anche se in presenza di prescrizione medica; tuttavia possibile che tale condotta non assuma rilevanza penale,
purché segua alcuni criteri definiti dalla sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 12348/20. La coltivazione domestica svolta in maniera rudimentale (senza una predisposizione sofisticata di mezzi e strutture), con un limitato numero di piante e finalizzata al solo consumo personale è ritenuta ammissibile dal punto di vista penale.
Si parla sempre e solo di tutti gli effetti positivi del THC, ma realmente di quelli negativi perché non si parla quasi mai?

Spesso, molti ragazzi, particolarmente nell’esperienza e negli incontri nelle scuole, dicono “tanto è solo una canna”, ma realmente dietro a tale affermazione si apre uno scenario preoccupante.
Nella maggior parte degli ospiti della Strutture terapeutiche residenziali, che tentano di combattere con una grande forza interiore la propria dipendenza, si può rilevare come l’approccio alle sostanze, sia avvenuto attraverso un primo contatto con lo spinello, con la cannabis, per poi condurre ad un consumo massiccio di sostanze, come quelle psicotrope.
A tutt’oggi quella che viene definita “droga leggera”, “ma tanto è solo una canna”, dalla relazione al parlamento 2022, emerge che le analisi condotte dai laboratori sia della Polizia di Stato sia dell’Arma dei Carabinieri evidenziano un elevato contenuto medio di THC nei prodotti a base di resina di Cannabis (25-26%), circa il doppio di quello rilevato nella Cannabis in foglie e infiorescenze (circa 12-13%), mostrando nel corso degli anni una tendenza in costante aumento.
Infatti, oltre all’aumento del valore medio del tenore di THC, si osserva un incremento dei sequestri di Cannabis a elevatissimo contenuto di THC (superiore al 30%). In questi anni un altro fenomeno emergente che deve essere evidenziato riguarda l’adulterazione dei prodotti a base di
Cannabis con cannabinoidi sintetici (come riportato in alcune segnalazioni al Sistema Nazionale di Allerta Precoce – SNAP quali ad esempio SNAP n.07 del 15/02/2021, n.23 del 16/06/2021, n.46 del 08/11/2021). Inoltre, la cannabis è la sostanza illegale più usata, il 18% degli studenti ne ha fatto
uso almeno una volta nel corso del 2021. Il 2,5% ne riferisce un uso quasi quotidiano, dato in leggero decremento.

Oltre la metà degli utilizzatori ha avuto il primo contatto fra i 15 e i 16 anni e
per il 91% rappresenta l’unica sostanza illegale utilizzata. Secondo l’analisi del profilo d’uso, sono oltre 100mila gli studenti caratterizzati da un consumo definibile “a rischio”, pari al 22% di tutti i consumatori.

La cannabis risulta la sostanza illegale maggiormente utilizzata, seguita da Nuove Sostanze Psicoattive (New Psychoactive Substances – NPS), cannabinoidi sintetici, cocaina, allucinogeni e stimolanti. Chiude il consumo di oppiacei che non supera l’1%.

Percezione dell’accessibilità e del rischio Il 29,9% degli studenti ritiene di poter reperire facilmente la cannabis. Concentrando l’analisi sugli utilizzatori nell’anno, questa percentuale raggiunge il 69,3% e il 72,6% afferma inoltre di conoscere un posto dove potrebbe procurarsela facilmente: la maggior parte di questi ultimi si rivolgerebbe al mercato della strada e presso uno spacciatore, senza differenze di genere. Le ragazze, rispetto ai
coetanei, affermano in percentuale superiore di poter reperire la sostanza a casa di amici (44,9%;M=36,1%) e in discoteca (21,9%; M=18,5%) mentre i ragazzi in quota superiore indicano la scuola (23,5%; F=20,8%), manifestazioni pubbliche come i concerti (17,1%; F=14,5%) e ricorrerebbero a
Internet (13,6%; F=8,5%).
Per quanto riguarda la percezione del rischio, il 27% degli studenti ritiene che sia molto o abbastanza rischioso fumare cannabis occasionalmente, mentre il 49,1% riferisce il medesimo grado di rischio relativamente all’uso frequente della sostanza.

Distinguendo fra utilizzatori o meno di cannabis nel corso dell’ultimo anno, tra i consumatori della sostanza sono il 6,4% a ritenere che sia molto rischioso fumare cannabis occasionalmente, percentuale che raggiunge un quinto degli studenti riguardo al consumo regolare.
La cannabis è la sostanza più utilizzata da tutte le tipologie di consumatori di sostanze, sia da quelli che hanno fatto uso di una sola sostanza, sia dai cosiddetti “poliassuntori”.
I poliassuntori si distinguono per un più elevato consumo “a rischio” di cannabis, evidenziato mediante il test di screening CAST – Cannabis Abuse Screening Test. Nello specifico, fra di essi si rilevano percentuali quadruple di utilizzo “a rischio” (52,2%) rispetto a quelle dei polisperimentatori (12,8%).
Sul totale degli studenti che hanno utilizzato cannabis durante l’anno, il 22,3%, pari a 102mila ragazzi tra i 15 e i 19 anni, risulta avere un consumo definibile “a rischio”, in particolare i ragazzi (M=24,9%; F=18,9%).
Gli studenti con un profilo di consumo di cannabis “a rischio” si caratterizzano anche per il consumo di sostanze legali: bevono alcolici tutti i giorni o quasi, nel corso dell’ultimo mese hanno praticato binge drinking e si sono ubriacati; sono forti fumatori, avendo fumato almeno 11 sigarette al giorno nel corso dell’ultimo anno e hanno utilizzato psicofarmaci senza prescrizione
medica nel mese antecedente la compilazione del questionario. Tutti questi comportamenti sono
riferiti sempre in quota superiore rispetto ai consumatori “non a rischio”.
Anche altri comportamenti potenzialmente pericolosi sono più frequenti fra i consumatori “a rischio”, come ad esempio: aver avuto problemi con le Forze dell’Ordine, con i genitori, gli amici e gli insegnanti; avere avuto rapporti sessuali non protetti, essere stati coinvolti in risse e aver fatto
male seriamente a qualcuno; o ancora, aver perso 3 giorni di scuola negli ultimi 30 giorni senza motivo o spendere abitualmente 45 euro la settimana senza il controllo dei propri genitori.

Dopo aver assunto sostanze psicoattive, hanno riferito sempre in misura maggiore rispetto al gruppo dei consumatori “non a rischio” di essersi messi alla guida o di essere saliti su mezzi guidati da chi aveva assunto a sua volta sostanze, di aver giocato d’azzardo e di aver danneggiato beni
pubblici/privati.
Quali rischi possibili oltre l’uso terapeutico e tutti i benefici di cui si parla?

La cannabis, non è una droga “da prendere alla leggera”, poiché dai dati a nostra disposizione, i consumatori abituali di questa e di spinelli, particolarmente in giovanissima età, pensano di porre fine alla propria vita nel 50% dei casi, maggiormente rispetto ai coetanei non consumatori ed
aumentano il rischio di incidenza da adulti relativamente al suicidio.
Si è potuto evidenziare che sostanze come la Marijuana o i Cannabinoidi sintetici, possono condurre ad effetti distruttivi sul cervello, conducendo ad una sintomatologia correlata a paranoia, ansia, depressione, coinvolgimento della memoria a breve termine e nello specifico dei Cannabinoidi sintetici, si possono rilevare comportamenti suicidari, fenomeni psicotici, agitazione, allucinazioni, nonché effetti collaterali atipici come convulsioni, arresti cardiaci ed ictus, questi solo una parte dei sintomi rilevati dai numerosi studi internazionali.
Il THC può anche avere effetti negativi sul cervello, in particolare sulla funzione cognitiva.
L’uso di cannabis è stato associato a problemi di memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione e problemi di apprendimento. Questi effetti sono più pronunciati negli adolescenti, poiché il cervello in via di sviluppo è più vulnerabile agli effetti del THC. L’uso di cannabis a lungo termine può anche avere effetti duraturi sul cervello.
Uno studio ha mostrato che gli individui che usano cannabis regolarmente per anni hanno una diminuzione del volume del cervello in alcune regioni, tra cui l’ippocampo, che è importante per la memoria e l’apprendimento. Inoltre, l’uso di cannabis può aumentare il rischio disviluppare disturbi mentali come la schizofrenia. In generale, è importante notare che gli effetti dell’uso di cannabis sul cervello possono variare in base a molteplici fattori, tra cui la quantità e la
frequenza dell’uso, l’età del soggetto e la predisposizione genetica.
Esistono centinaia di altri cannabinoidi oltre il THC, tra cui il CBD (divenuto celebre con l’avvento della cannabis light), ma sembra che sia proprio il tetraidrocannabinolo il responsabile dell’alterazione della psiche umana. Quando una persona assume cannabis sotto forma di fumo, cibo o bevande, il THC passa dai polmoni o dal sistema digestivo al flusso sanguigno e agisce sui
recettori CB1 e CB2 del sistema endocannabinoide del cervello umano. L’interazione tra i recettori cannabinoidi e il THC attiva le aree del cervello che contengono il maggior numero di recettori stessi, provocando degli effetti molto particolari: alterazione dei 5 sensi, ilarità, alterazione del tempo, sbalzi d’umore, rallentamento dei movimenti e dei riflessi, difficoltà a pensare o, al
contrario, veloce flusso di pensieri, maggiore concentrazione, alterazione della memoria, aumento della creatività, allucinazioni e deliri (se assunta in grosse quantità), ansia, depressione e apatia, alterazione delle capacità cognitive, psicosi (se assunta in grosse quantità e/o per lungo tempo), fame incontrollabile (fame chimica).
Tutti gli studi condotti a riguardo hanno dichiarato che l’uso prolungato di THC, specialmente in età adolescenziale, può compromettere il pensiero, la memoria, le capacità di apprendimento e, in generale, interferire sulle capacità cognitive.
Gli studi ancora in corso d’opera stanno verificando la durata di questi effetti a lungo termine della marijuana, chiedendosi altresì se queste alterazioni possano essere permanenti.
Ad esempio, i ricercatori della Duke University e della University of Otago hanno dimostrato che chi inizia a fumare in maniera cronica dall’adolescenza, e che continua ad avere problemi di dipendenza di marijuana, ha un QI inferiore alla media. Le persone che hanno smesso di utilizzare cannabis in età adulta non hanno recuperato al 100% le proprie capacità mentali.
Lo stesso studio afferma, invece, che le persone che hanno iniziato a fumare cannabis ormai adulte non hanno palesato un grave calo del Quoziente Intellettivo.

Sembra, inoltre, che l’abuso di cannabis possa scatenare l’insorgenza della schizofrenia nelle persone predisposte.
I risultati degli studi sono i seguenti: la cannabis e la schizofrenia/psicosi hanno una relazione molto stretta. Le prove raccolte in numerosi anni di ricerca suggeriscono che il THC contenuto nella cannabis porta a diagnosi più precoci di psicosi/schizofrenia in persone geneticamente predisposte o a rischio.

Sembra, dunque, che il THC abbia un piccolo effetto scatenante sulla
schizofrenia.
Il tetraidrocannabinolo peggiora anche i sintomi della schizofrenia e delle psicosi e causa ricadute, ricoveri e rifiuto delle cure farmacologiche. Gli studi di neuroimaging mostrano anche l’effetto dannoso della cannabis sulla morfologia cerebrale, specialmente sul cervello degli adolescenti.
Tutti gli stakeholders coinvolti, dovrebbero mettere in campo il proprio contributo, in modo da aumentare e favorire una “consapevolezza collettiva” del problema, producendo così un approccio integrato tra tutti gli attori coinvolti, partendo dalla famiglia e dalla scuola, che rappresentano quei contenitori sociali ed emotivi che possano aprire la strada per l’inizio di un cambiamento, che
con l’impegno di tutti, potrebbe condurre anche alla diminuzione della circolazione di informazioni scarsamente efficaci.
Infine, poiché il dramma dell’avvicinamento alle sostanze in giovane età e l’abbassamento di questa è sempre maggiormente rilevabile, spesso le Comunità Terapeutiche sono testimoni della richiesta delle famiglie e dei servizi presenti sul territorio, della realizzazione e potenziamento di strutture dedicate ai soli giovani per la riabilitazione dalle dipendenze e l’accompagnamento ad un
ritorno alla normalità.
Con tali parole si auspica che un giorno si possa finalmente mettere da parte quella indifferenza sociale relativamente alla problematica e che ognuno possa assumersi la responsabilità, per noi stessi, i nostri ragazzi, per tutti coloro che sono stati investiti  in prima persona e per tutti gli operatori e professionisti del settore che quotidianamente, nel loro piccolo e per quanto possibile,
tentano di combattere con le poche risorse a disposizione il mondo dell’illegalità e delle dipendenze.

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