In occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga il presidente della Fict – Federazione Italiana Comunità Terapeutiche propone lo slogan “La persona al centro non il problema. #primalepersone”. «La relazione al Parlamento, sui dati del 2020, riferisce di 125mila persone con problemi di dipendenza da sostanze illegali, ma conta esclusivamente gli “utenti” in carico al Servizio Sanitario. Manca tutto un altro pezzo di fenomeno, che si stima essere 5 volte superiore»
Siamo qui a celebrare la “Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga”, istituita dall’Onu, senza che, in realtà, a nessuno importi davvero qualcosa. Il tema di quest’anno è: “Affrontare le sfide della droga nelle crisi sanitarie e umanitarie”. Una sfida che per la Fict è costante e quotidiana con i suoi 600 servizi per le dipendenze patologiche, fenomeno in continuo divenire. L’ultimo rapporto dell’Ue rivela quanto le droghe tradizionali non siano mai state così accessibili nell’ultimo anno, con 5.800 decessi per overdose, quasi 16 morti al giorno per droga, di cui 350 solo in Italia.
Dati che fanno davvero impressione e rispetto i quali è necessario rimettere al centro le persone e quindi i Servizi che si prendono cura di loro. Servizi che in questi ultimi anni sono stati marginalizzati e dimenticati sempre di più.
#CareInCrises è il motto scelto quest’anno dall’Onu ed è il lavoro che gli operatori del pubblico e del privato sociale accreditato svolgono quotidianamente ed “eroicamente” proprio perché in Italia abbiamo un sistema dei servizi regolato da una normativa sulle dipendenze, ibernata al 1990, e, pertanto, incapace di rispondere ai bisogni di un mondo, quello delle dipendenze, profondamente mutato da com’era trenta anni fa. Un quadro normativo che disegna un modello di intervento fortemente centrato sul problema e non sulle persone. Per questo la Fict, in occasione della giornata mondiale, quest’anno propone lo slogan “La persona al centro non il problema. #primalepersone”
Comunità e SerD che “boccheggiano” sui territori alla ricerca disperata di ossigeno, appesantiti dalla pandemia ed ora anche dal crisi umanitaria ed economica della guerra in Ucraina. Ed a marginalizzare ulteriormente il sistema dei servizi è il riaccendersi del dibattito ideologico ed anacronistico sulla legalizzazione e sul “diritto” di farsi, che rimette ancora una volta al centro del dibattito proprio la sostanza.
Una battaglia contro la sostanza che già sappiamo, persa in partenza, mentre la prevenzione, la cura e la riabilitazione della persona che dovrebbero essere essenziali, sono del tutto ignorati, a causa della normalizzazione dell’uso e di un conseguente abbassamento della percezione del rischio. Un ultradecennale disinvestimento politico che ha provocato voragini nel sistema di intervento andando a minare il fondamentale diritto alla salute, che significa riconoscere la giusta dignità alle persone e quindi ai servizi.
Minori, sempre più giovani…, adulti, uomini e donne che vengono cronicizzati nonostante gli sforzi degli operatori del pubblico e del privato sociale che faticano per mancanza di personale e risorse. La relazione al Parlamento, sui dati del 2020, riferisce di 125.000 persone con problemi di dipendenza da sostanze illegali, ma conta esclusivamente gli “utenti” in carico al Servizio Sanitario, cioè a quella parte limitata di soggetti che si riescono ancora ad intercettare attraverso il sistema “ufficiale” dei servizi. Manca tutto un altro pezzo di fenomeno, che si stima essere 5 volte superiore (parliamo di oltre mezzo milione di italiani) e che, invece, non si riesce ad intercettare con servizi ampiamente superati, regolamentati da un legge di oltre 30 anni fa. Di fatto i Ser.D. e le Comunità riescono a “prendere in carico” solo 1/5 delle persone che avrebbero bisogno di aiuto. Ed i numeri sono ancora più impressionanti se consideriamo tutto il resto del mondo delle dipendenze, in primis quelle cosiddette comportamentali (internet, gioco, ecc.), ma anche alcol e psicofarmaci.
Numeri che il Covid ha persino aggravato, aprendo la strada a nuove psicosi e dipendenze, mostrando la via di nuovi mercati, meno impegnativi e molto più pericolosi: si stima che il “dark web”, la parte oscura della rete, abbia più che triplicato il fatturato sulle sostanze stupefacenti. Non possiamo stupirci, quindi, se il 26% dei nostri ragazzi in età scolare, più di 1 su 4, ha fatto uso di sostanze illegali nello scorso anno. L’incuria della politica per la cultura educativa e per le azioni preventive ci ha costretti a lavorare sui territori in una logica del “qui ed ora”, emergenziale, provocando vuoti educativi a scapito dei giovani.
Da questa situazione si esce solo cambiando completamente paradigma, entrando in una logica di prossimità che significa ripartire dalle relazioni, abbattendo le distanze, le differenze nel settore della salute, dove con i pazienti di serie A e B, esistono anche quelli di serie C, i dimenticati da tutti, gli scarti…., perché in fondo persiste lo stigma che “il tossico tutto sommato se l’è cercata …”.
Significa iniziare davvero a strutturare concretamente un sistema integrato, pubblico e privato sociale, nell’ottica della presa in carico territoriale, capace di garantire non solo la pari dignità, ma anche e soprattutto l’effettiva esigibilità del diritto di scelta e di cura del cittadino utente.
*Presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche
Fonte: vita.it