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Cocaina: «La dipendenza è un problema endemico della società»

Francesco Maselli, coordinatore del Centro clinico cocainomani, struttura degli Spedali Civili dedicata ai pazienti che assumono appunto cocaina come sostanza primaria

«Non credo che Brescia sia la capitale italiana della cocaina. Mi pare ingiusto per i bresciani attribuirle questo primato». È perentorio il dottor Francesco Maselli, coordinatore del Centro clinico cocainomani, struttura degli Spedali Civili dedicata ai pazienti che assumono appunto cocaina come sostanza primaria.

Dottor Maselli, eppure le analisi sulle acque reflue dell’Istituto Mario Negri lo evidenziano. (leggi qui la nostra inchiesta)
«Bisogna analizzare attentamente gli standard metodologici utilizzati, ma tendenzialmente diffido dalle statistiche quando fanno comparazioni territoriali così ristrette. Credo che il metodo migliore sia esaminare la presenza di cocaina sulle banconote, come nel Regno Unito, offrendo un quadro di carattere nazionale».

Non esiste quindi un allarme cocaina a Brescia?
«Non maggiore rispetto ad altre città. Certo, ci possono essere ondate che riguardano l’arrivo di particolari partite di cocaina più buone di altre, piuttosto che dovute a livelli di benessere economico ciclico delle persone. Ma quello delle dipendenze è un problema endemico della nostra società, bisogna cambiare sguardo e smetterla di vederla come una questione di ordine pubblico, ma come un problema di salute».

E come lo si cura?
«Non si cura, si tratta. Ed è sicuramente possibile ottenere con i trattamenti delle remissioni. Quella di diventare un ex-tossicodipendente, però, è una favola. Quando si è avuto un problema di dipendenze si rimane tossicodipendenti a vita, divisi solo in “attivi” e “non attivi”».

Come si dovrebbe intervenire?
«Il modo migliore è quello di non iniziare. Far capire che sono sostanze pericolose. Insomma, fare prevenzione. Il 90% delle persone che trattiamo si pentono e dicono “non avrei mai dovuto iniziare, ma lo facevano tutti”».

C’è differenza di genere tra i cocainomani?
«Si, sono prevalentemente maschi. Diciamo che ogni due uomini cocainomani c’è una donna».

E ci sono differenze di classe sociale?
«Sono molto poveri o piuttosto ricchi. Diciamo che la media borghesia, quella più legata a tradizioni e consuetudini, è meno colpita. Ma la vera differenza riguarda il temperamento, i comportamenti e le relazioni del soggetto, più che la provenienza sociale».

E come intervenite nei trattamenti?
«Sulla cocaina non esiste un trattamento farmacologico, ma essenzialmente psicoterapeutico. È un percorso più complesso, lungo e non sempre funziona».

Come mai?
«Perché quando si viene qui si crede entrare in un posto magico dove la dipendenza scompare nel giro di poche settimane. Ma non è così, purtroppo. Per questo è importante la prevenzione».

Fonte: brescia.corriere.it

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